domenica 20 novembre 2011

ARTI MARZIALI - MORIHEI UESHIBA

Morihei Ueshiba (1883-1969) detto anche O Sensei, Grande Maestro, fondatore dell'Aikido, fu l'ultimo rappresentante della famosa ed   antichissima scuola di Daito-ryu che, diretta dall'austero maestro Sokaku Takeda che l'istruì nella misteriosa pratica dell'Aikijutsu. Si specializzò in tutte le Arti Marziali allora esistenti studiando l'uso della lancia, del bastone, della spada, le tecniche di combattimento a mani nude e altre ancora presso le più importanti scuole dell'epoca, eccellendo in ogni campo di applicazione. Compì studi religiosi ad alto livello sulle tradizioni cinesi e giapponesi. Tutto ciò lo portò a sviluppare un ideale d'armonia e fratellanza.




ARTI MARZIALI - AIKIDO STORIA

L’Aikido è una pratica piuttosto recente, anche se le sue origini risalgono ad alcuni secoli fa.
Il suo fondatore, Ueshiba Morihei, lo sviluppò sintetizzando diverse esperienze, da quelle legate alle antiche arti del combattimento, nate nei campi di battaglia, ai principi spirituali e alle istanze pacifiste di alcune sette dello shintoismo.
Ueshiba volle fondare un’arte marziale che potesse soddisfare il mondo contemporaneo, ereditando, però, la tradizione spirituale e marziale del Giappone antico.
Attraverso un’incessante ricerca il Maestro Ueshiba realizzò che il vero spirito del “budo”, la via delle arti marziali, non può realizzarsi in un’atmosfera competitiva e combattiva, dove domina la forza e la vittoria è l’unico obiettivo.
Secondo il fondatore lo scopo dell’Aikido si esprime nell’unificazione del principio creativo universale, chiamato “Ki”, con il Ki individuale, inseparabile dalla forza della respirazione di ogni persona.
Infatti, la traduzione letterale del termine Aikido significa “via dell’armonia del Ki”.
In seguito un allievo di Ueshiba, K.Toehi, molto colpito dalla potenza dell’Aikido praticato dal fondatore, comprese che questa era dovuta alla capacità di guidare la mente dell’avversario e che questa sicurezza lo metteva in grado di muoversi e agire in completo rilassamento.
Questi sono, di fatto, gli elementi cardine del Ki Aikido; mente calma e completo rilassamento.
Comprese, inoltre, che per guidare la mente di un altro dobbiamo prima controllare la nostra e che l’unificazione della mente con il corpo era alla base dell’Aikido.
Oggi esistono numerose scuole di Aikido che seguono propri leader e differenti interpretazioni; in seguito alle sue osservazioni Toehi fondò un suo proprio metodo, lo Shin Shin Toitsu Aikido o Ki Aikido, sviluppando un lavoro di ricerca sui principi del Ki e sulla loro applicazione nelle tecniche di Aikido, e nella vita quotidiana.
Attualmente in Europa, il maestro K. Yoshigasaki da quasi 30 anni sviluppa e diffonde il Ki Aikido.
DOSHU KENJIRO YOSHIGASAKI
Nato nel 1951 a Kagoshima, Giappone, Kenjiro Yoshigasaki ha iniziato a praticare Yoga all’età di dieci anni. Più tardi ha iniziato la pratica dell’Aikido e di molte altre Arti Marziali. Ha studiato Buddismo Zen, Nuovo Shintoismo, Cattolicesimo e Islamismo. Nel 1971, in India, ha dedicato un anno allo studio dello Yoga. E’ diventato istruttore di Aikido nel 1973. Dal 1977 insegna Ki Aikido in Europa; attualmente è responsabile di oltre 120 dojo e 4.000 studenti in Europa, Sudamerica e Sudafrica.

lunedì 31 ottobre 2011

KUNG FU - BUDDISMO

Buddha e il Buddismo

Secondo la tradizione Buddha visse in India fra il 560 e il 480 avanti Cristo. Suo padre, il re Suddhodana cercò di allontanare dalla vita del figlio, a cui aveva imposto il nome di Gotama, tutto ciò che poteva turbarne la felicità. Ma dopo molti anni questa esistenza tranquilla e felice è improvvisamente sconvolta.
Il giovane principe, che fino ad allora era vissuto nello splendido palazzo reale, attraversa la città ed i suoi occhi sono colpiti dallo spettacolo della povertà, della vecchiaia, della malattia e della morte. Gotama si rende improvvisamente conto che la vita non è solo letizia e piacere ed ha la consapevolezza della sofferenza umana; abbandona allora la dimora paterna e diventa asceta.
Dopo anni di rigidissima disciplina e durissimi sforzi, Gotama giunge alla conclusione che né i piaceri né il rigido ascetismo conducono all'estinzione della sofferenza. Adotta allora un “sentiero mediano” fra questi due estremi e continua a meditare sulle cause dell'umano dolore. Infine arriva a comprendere tali cause e scopre il mezzo per liberarsene.
Gotama diventa così il Buddha ossia l'illuminato. Il suo messaggio fondamentale è contenuto nelle cosiddette quattro Sante Verità:
  1. La sofferenza esiste: “Nascita è dolore, vecchiaia è dolore, morte è dolore, tormento, tristezza, afflizione, strazio sono dolore, non avere ciò che si brama è dolore”.
  2. Il dolore ha le sue cause che sono la sete di benessere, la sete di piaceri, la sete di esistenza...
  3. La sofferenza può essere eliminata eliminando le sue cause, estinguendo cioè le brame dell'uomo mediante il distacco totale, il completo annientamento dei desideri.
  4. Per eliminare le cause della sofferenza bisogna seguire l'ottuplice sentiero costituito da: fede pura, propositi puri, linguaggio puro, azione pura, vita pura, sforzo puro, memoria pura, concentrazione pura.
Con il passare dei secoli il Buddismo si suddivise in due rami fondamentali ed in numerose sette o scuole. I due rami sono:
  1. Buddismo Hinayana (Piccolo Veicolo) diffuso nel Sud dell'Asia. Esso si atteneva piuttosto rigidamente alla dottrina originaria.
  2. Buddismo Mahayana (Grande Veicolo) diffuso in Cina ed in Giappone. Il nome di Grande Veicolo sta a significare un'interpretazione più ampia che tale ramo del Buddismo dava alla dottrina.


Il Buddismo Ch'an (Zen)

Il Buddismo Ch'an (Zen in giapponese) è una delle scuole appartenenti al Grande Veicolo e secondo la tradizione fu divulgato in Cina dai monaco Bodhidarma (Ta Mo in cinese) nel sesto secolo dopo Cristo.
Ch'an deriva dalla parola sanscrita Dhyana che significa "meditazione". Secondo questa scuola si può sperare di ottenere il “risveglio”, l'illuminazione solo attraverso la concentrazione spirituale e la meditazione e non tramite la conoscenza.
Il Buddismo Ch'an ha assorbito alcuni aspetti del Taoismo filosofico ed ha a sua volta influenzato le tecniche di meditazione taoista.
E' importante tuttavia osservare che questa forma di Buddismo non è né una filosofia né una religione (non ricerca infatti l'immortalità, non conosce dèi, non ammette concetti tipo il peccato o l'anima), ma si può solo considerare un “sistema di vita”.

Chi pratica il Buddismo Ch'an deve educarsi a vedere direttamente dentro di sé ed a scoprire la natura intima della realtà, senza l'aiuto dell'intelletto. Per arrivare a ciò sono indispensabili le pratiche della concentrazione mentale e della meditazione.
Durante la meditazione bisogna fare il vuoto totale dentro sé stessi, bisogna far tacere la voce incessante della mente, bisogna abolire ogni pensiero, ogni emozione. Per mettere sotto controllo l'attività della mente è necessario regolare opportunamente la respirazione.
La persona comune non sperimenta la vera natura delle cose, la sua è una realtà distorta o un insieme di minuti frammenti di realtà.
Scopo della meditazione è quello di consentire all'individuo di entrare a contatto, in maniera totale, con la realtà vera che lo circonda. In ciò consiste l'illuminazione, il “risveglio”. Le cose si vedono allora in maniera completamente diversa, come attraverso un terzo occhio, in occhio spirituale.
Questa nuova visione di se stessi e del mondo è intuitiva, supera qualsiasi rappresentazione mentale e non deriva assolutamente dal pensiero o dal ragionamento.
L'illuminato vede le cose per così dire dall'interno, un po' come le vede un grande artista che ha la capacità di rappresentarle condensandone l'intima natura in pochi tratti essenziali. Si può comprendere allora quanto debbano l'arte cinese e quella giapponese alla scuola Ch'an.
Il Buddismo Ch'an ci insegna a non preoccuparci del passato o del futuro, ma a dare la massima importanza al momento presente che è il solo in cui siamo veramente vivi.
Famosa, a questo proposito, è la storia Ch'an di un uomo che stava per essere divorato da una tigre. Egli, constatato che gli era preclusa ogni via di scampo, colse una fragola e gustandola appieno esclamò: - Che buona! -
Quando si è in pace con sé stessi e non si è preda di cento desideri, preoccupazioni, dubbi, paure e passioni, si può agire in piena libertà e con tutto il proprio essere. Si partecipa allora ad ogni cosa perfettamente “svegli" ed in totale concentrazione. Si gustano le cose senza essere legati ad esse.
La mente diventa come uno specchio: è perfettamente lucida, presente e riflette tutto quello che vi è intorno senza che pensieri o preoccupazioni possano interferire Si impara così ad essere dei “testimoni”, degli “spettatori distaccati”; il pericolo o la morte non fanno più paura: sono riflessi dallo specchio della mente.


Il Buddismo Ch'an e le Arti Marziali

Si può facilmente comprendere da quanto detto la ragione per cui il Buddismo Ch'an ha così profondamente influenzato le arti marziali sia cinesi che giapponesi e perché delle arti che insegnano ad uccidere sono diventate delle Vie per il perfezionamento spirituale.
Il T’ai Chi Ch’üan ha indubbiamente una matrice più taoista che buddista, ma non si può negare l’influsso della scuola Ch’an sul suo sviluppo. Anzitutto il T’ai Chi Ch’üan deriva direttamente dallo Shaolin Ch’üan, che nacque proprio nel tempio in cui aveva a lungo insegnato lo stesso Bodhidarma. In secondo luogo taoismo e buddismo si sono senza dubbio influenzati a vicenda.
E si comprende anche perché le Arti Marziali Tradizionali Cinesi si svilupparono in un monastero Ch'an (Shaolin Szu).
La vita in un monastero Ch'an era adattissima per chi voleva praticare seriamente: l'alimentazione era frugale, il sonno permesso solo quello strettamente necessario e per di più su un duro giaciglio, il lavoro e l'allenamento fisico molto pesanti, la disciplina severissima. Erano richiesti puntualità, autocontrollo, sopportazione del caldo, del freddo, del dolore, imperturbabilità di fronte al pericolo ed alla morte.
Abbiamo inoltre visto che il Buddismo Ch'an insegna a vuotare la mente, a liberarla da ogni idea preconcetta, da ogni influenza esterna. Si può così arrivare ad uno stato di ricettività totale che permette di reagire istintivamente al minimo stimolo.
Se la mente è libera da ogni pensiero, priva di aggressività o paura, si possono percepire le intenzioni di un avversario ed agire di conseguenza; si può coltivare cioè un sesto senso che permette di prevedere il pericolo e di anticipare le azioni del nemico.
Se la mente è invece turbata da pensieri o da preoccupazioni d'attacco o di difesa, non è possibile percepire correttamente le intenzioni dell'avversario e si può essere tratti in inganno anche da una banale finta. Il vuoto della mente ed il duro allenamento del corpo permettono di raggiungere l'unità di spirito e di corpo: il corpo (temprato dall'esercizio) non più frenato dalla mente (vuota) è pronto allora a reagire istantaneamente nel modo più efficace e puro agli stimoli.
Non vi è più nessun freno fra percezione reazione; il tempo di reazione è il più breve possibile e la tecnica “perfetta”. Le tecniche “perfette” sono sempre eseguite in maniera inconscia, paradossalmente prima eseguite e poi pensate.
Ricordiamo infine che per gli ideali pacifisti e di non violenza del Buddismo, in perfetta armonia con quelli taoisti, il fine pratico delle arti marziali non è più l'eliminazione dell'avversario, ma l'autodifesa e la protezione dei deboli.

KUNG FU - TAOISMO

Introduzione

Mentre Confucio accettava la società in cui viveva ed insegnava i metodi per renderla migliore, un'altra scuola di pensiero negava tale società e cercava la salvezza al di fuori di essa.
Questa scuola è il Taoismo la cui idea fondamentale consiste nell'identificazione con la Natura e con la sua Via.
Secondo i taoisti ciò che deriva dall'uomo è l'origine della sofferenza, ciò che proviene dalla Natura è invece fonte di felicità.
Il Confucianesimo è una filosofia pratica perché opera entro i limiti della società, il Taoismo invece, almeno nella sua forma originale, è una filosofia mistica.
Le due correnti filosofiche, benché rivali, si completavano a vicenda e contribuirono a conferire al popolo cinese un giusto equilibrio fra misticismo e realtà pratica.


Lao Tzu


 
Lao Tzu
Il filosofo cui si attribuisce la nascita del Taoismo

Lao Tzu è un personaggio in gran parte leggendario, vissuto più o meno nell'epoca di Confucio il quale così lo descrisse ai suoi discepoli:
“Io capisco come volano gli uccelli,
come nuotano i pesci
e come corrono gli animali....
ma non ho ancora compreso
come fa il drago a salire alto nel cielo
cavalcando il vento attraverso le nuvole.

Oggi ho visto Lao Tzu.
Egli è simile al drago.”
Le idee di Lao Tzu sono raccolte in un piccolo grande libro, il Tao Te Ching, ossia “Il Libro della Via e della Virtù” che, secondo la critica moderna, fu redatto parecchio tempo dopo la morte del filosofo, forse nel terzo secolo a. C..
Il Taoismo è la filosofia del Tao. Tao letteralmente significa “Via” e costituisce l'idea fondamentale di tutta la filosofia cinese, ma con diverse sfumature di significato a seconda della scuola di pensiero. Seguendo determinate leggi nella volta celeste si muovono il sole, la luna e le stelle; questa è la Via, il Tao del Cielo. Ad essa corrispondono la Via, il Tao della Terra e la Via, il Tao dell'Uomo. Queste tre Vie sono strettamente correlate in tre piani paralleli interdipendenti: ad un avvenimento in una delle Vie ne corrisponderà uno anche nelle altre.
Le tre Vie sono dunque legate così come il lavoro dell'uomo è necessario alla crescita del riso quanto la fertilità della terra e la pioggia del cielo. Nel Confucianesimo il Tao acquista un significato morale: esso consiste nell'amare le persone e nell'osservare i riti ed i rapporti umani. Il Tao di Confucio si avvicina dunque alla nostra idea astratta di "dovere" e si può considerare come la legge morale tramite la quale il Cielo mantiene in ordine la Terra e gli uomini. Per Lao Tzu, invece, il Tao ha un significato molto più ampio in quanto si identifica con la realtà suprema stessa; esso è al di sopra del Cielo e non si può adeguatamente definire.
Per i taoisti il Tao è la fonte ed il principio di tutto ciò che esiste; è un principio “sopra morale” che è insito nella Natura e che la regola. L'uomo può realizzarsi appieno solo quando si abbandona al Tao e si identifica con esso.

Un altro insegnamento di Lao Tzu è quello dell'armonia degli opposti e della relatività delle cose umane. Di solito noi consideriamo il bene in lotta con il male, la luce in lotta con il buio, la vita in lotta con la morte. Scopo della scienza e della tecnologia occidentali è allora quello di darci salute senza malattie, piacere senza dolore, ricchezza senza povertà. Ma cominciamo solo ora a renderci conto che agendo così creiamo forse più problemi di quanti ne risolviamo: l'inquinamento, il pericolo di una guerra nucleare, l'alienante civiltà delle macchine non sono che alcuni inquietanti aspetti di questo modo di vedere le cose.
Per i taoisti invece, tutti gli opposti - torto e ragione, bene e male, salute e malattia, luce e oscurità - vanno accettati perché, come yin e yang, sono inseparabili.
Tutto è inoltre relativo: il lungo e il corto, l'alto e il basso, il grande e il piccolo, il bello e il brutto.
Per vivere bene, gli opposti vanno tenuti in un giusto equilibrio e non esiste la possibilità che uno di essi abbia definitivamente la meglio sull'altro.
Non bisogna lottare contro le forze della Natura, non bisogna opporsi ad esse. Dobbiamo fare come il bravo marinaio che non si oppone al vento, ma utilizza la sua forza per farsi trasportare.
L'uomo, per identificarsi con la Natura, deve diventare spontaneo; le sue azioni non devono essere forzate.
Le azioni forzate sono in disaccordo col Tao e solo se ogni cosa viene lasciata andare secondo la sua strada naturale vi sarà armonia nell'Universo.
Non bisogna imporre la propria volontà, i propri desideri alla Natura, non dobbiamo fare alcuno sforzo, non dobbiamo avere alcun fine anche perché:
“Il Tao non fa nulla e tuttavia compie ogni cosa”.
Questo è il famoso principio del Wu Wei che può essere tradotto con “non-azione”, “assenza di attività”.
Il termine non va preso tuttavia alla lettera, ma significa semplicemente che non bisogna agire in modo artificioso, forzato, in disaccordo con le leggi della Natura.
Lao Tzu consiglia agli uomini di stato (che dovrebbero essere dei saggi) di “fare” il meno possibile; le persone sono infatti difficili da governare perché chi governa agisce troppo e le disgrazie del mondo non vengono dalle cose non fatte, ma dalle troppe cose fatte. Questo è il principio del Wu Wei applicato al governo.
Il saggio taoista è un individualista che si tiene lontano dal mondo e dalle sue attività e raggiunge, in modo mistico, l'unità col Tao.


Chuang Tzu

Un altro famoso filosofo taoista, vissuto nel quarto secolo a. C., è Chuang Tzu.
Egli sviluppò in modo brillante le idee di Lao Tzu e disse che non si può sperare di ottenere l'identificazione con la Natura tramite lo studio, il ragionamento o altri sforzi, perché solo grazie ad uno slancio mistico è possibile intuire la natura vera del Tao.
Tale slancio non può essere che individuale: l'uomo deve rinunciare alle ambizioni terrene, deve appartarsi dalla vita sociale e non deve diventare un erudito. Alla fine, come Chuang Tzu, l'uomo arriverà a dubitare di tutto, perfino della propria esistenza. La vita è infatti solo illusione e non è nient'altro che una fase del continuo trasformarsi e succedersi di nuove forme.
Molto noto è l'aneddoto di Chuang Tzu che sogna di essere una farfalla che vola felice da un fiore all'altro. Ma al risveglio Chuang Tzu non sa più se è un uomo che ha sognato di essere una farfalla oppure una farfalla che sta sognando di essere un uomo.
L'uomo passa la sua esistenza “dormendo” anche quando crede di essere sveglio e “sognando” in continuazione anche con gli occhi aperti.


Tecniche taoiste di meditazione, respirazione e ginnastica

Con il passare dei secoli i taoisti misero a punto tecniche complesse per la purificazione della mente e del corpo con l’ideale intento di raggiungere ciò che essi chiamavano “immortalità”.
Immortale (Hsien) è colui che arriva a purificare la propria carne dal decadimento per il tramite di pratiche specifiche. Queste erano tecniche di concentrazione mentale e meditazione connesse con esercizi respiratori per la circolazione del Ch’i (Ch’i Kung).
Essi impararono inoltre ad utilizzare erbe medicinali per promuovere e preservare la vitalità. Furono studiati speciali esercizi ginnici (Tao Yin) per la salute del corpo. Ricordiamo a questo proposito anche i già citati esercizi dei cinque animali inventati dal medico taoista Hua To. Si sviluppò in modo particolare l’alchimia che fu suddivisa in:
  1. Alchimia Esteriore (Wai Tan) che veniva utilizzata per realizzare droghe, elisir e medicinali destinati soprattutto a prolungare la vita umana.
  2. Alchimia Interiore (Nei Tan) che utilizzava tecniche di meditazione e di respirazione durante le quali si pensava che l'Essenza (Ching, in pratica l'energia sessuale e l'energia ottenuta dalla digestione dei cibi e che è rappresentata da alcuni liquidi che circolano nel corpo umano), venisse raffinata nel Tan T'ien, tramite la respirazione, in Energia Interna (Ch'i) e che questa a sua volta venisse raffinata in Energia Spirituale o Mentale (Shen).


La religione taoista

A partire dal secondo secolo d. C. si sviluppò in Cina una forma di Taoismo che aveva ben poco in comune con la filosofia taoista di Lao Tzu e di Chuang Tzu. Trattasi del Taoismo religioso.
Tra le sue caratteristiche principali vi era la credenza in molti spiriti e dèi, fra cui lo stesso Lao Tzu divinizzato, la pratica di magie, incantesimi e rituali superstiziosi. Vennero utilizzate le tecniche alchemiche sopra descritte per la ricerca dell'immortalità e di poteri magici soprannaturali.
È evidente che tali pratiche erano in opposizione con le leggi naturali e pertanto il taoismo religioso è lontanissimo dal taoismo filosofico e non va confuso con esso.


Il Taoismo e le Arti Marziali

Il Taoismo ha influenzato in modo determinante le Arti Marziali Tradizionali Cinesi.
Per il principio del Wu Wei il Kung Fu non è un'arte violenta, ma esclusivamente difensiva. Non bisogna infatti “agire” attaccando, ma semplicemente adattare la nostra azione a quella dell'avversario.
Lo stesso Lao Tzu dice:

“Un buon guerriero non è bellicoso”.
“Un buon combattente non è collerico”.
“Un buon vincitore non dà battaglia”.

La morbidezza e la cedevolezza sono qualità essenziali nella pratica delle arti marziali. Non bisogna infatti opporsi alla forza dell'avversario, ma bisogna utilizzare la sua forza per batterlo. Ecco perché Lao Tzu afferma che:
“Fra due combattenti vince colui che cede”.
Nel Tao Te Ching è inoltre messa in evidenza l'importanza di non prendere sottogamba il proprio avversario:
“Non c'è disgrazia più grande di prendere alla leggera il proprio avversario;
se faccio così rischio di perdere i miei tesori”.
L'umiltà deve essere una delle virtù fondamentali di un capo:
"Un buon comandante è un uomo umile”.
Anche le tecniche taoiste fisiche, di respirazione, di meditazione, di circolazione del Ch'i hanno avuto un'importanza determinante sullo sviluppo del Kung Fu.

Il più importante contributo del Taoismo alle arti marziali è stata comunque la creazione del T'ai Chi Ch'üan, attribuita al monaco taoista Chang San Feng.
Tutti i principi del T'ai Chi Ch'üan sono in perfetto accordo con gli insegnamenti del Taoismo.
Il T'ai Chi Ch'üan può infatti considerarsi un'arte marziale in cui il principio della morbidezza e della cedevolezza è di fondamentale importanza; può considerarsi inoltre una forma di ginnastica destinata a conferire longevità e salute al corpo umano ed infine una forma di meditazione dinamica grazie alla quale possiamo giungere ad unificarci con il Tao.

KUNG FU - CONFUCIO

Confucio (in cinese K'ung Fu Tzu, ossia maestro K'ung) visse fra il sesto e il quinto secolo a. C. in un'epoca caratterizzata da una grave crisi sociale e politica e da una decadenza morale assai diffusa.
K'ung Fu Tzu - Confucio
Considerò fondamentale il rapporto individuo-società

Egli era anzitutto un educatore, un maestro e desiderava che i suoi discepoli diventassero uomini completi, utili alla società ed allo stato. Il suo insegnamento mirava quindi soprattutto a ristabilire l'ordine sociale.
Confucio non cercava nuove dottrine, ma voleva far apparire ciò che insegnava come un'interpretazione del pensiero degli antichi saggi.
A questo scopo egli spiegava ai suoi discepoli i Libri Classici (uno dei quali era l'I Ching) interpretando però l'antico patrimonio culturale in base ai propri concetti morali.
Secondo il filosofo l'uomo può trasformarsi tramite lo studio, ma ciò che più importa per il perfezionamento morale è l'acquisizione di una virtù fondamentale chiamata Jen. Tale parola si può tradurre con “umanità” o “sensibilità umana”.
Li, altro concetto base del Confucianesirno, significa “riti”, “cerimonie”. Ma Li indica pure l'insieme delle relazioni degli uomini fra di loro, con i conseguenti precisi doveri: amore dei genitori nei confronti dei figli, pietà filiale dei figli per i genitori, amore fraterno tra i fratelli, rispetto dei subordinati verso i superiori e così via.
Li è quindi anche la cortesia, l'educazione, il rispetto sociale.
Li non deve però essere ipocrisia o pura formalità, ma la manifestazione di uno stato d'animo interiore, l'espressione esterna di Jen.
Conseguenza diretta di Jen e di Li è Hsiao, la pietà filiale, la virtù della venerazione.
Hsiao non consiste solo nel rispetto dei genitori e nel culto degli antenati, ma deve anche influenzare le nostre azioni al di fuori della cerchia familiare diventando così una virtù morale e sociale. Per giungere a possederla è necessario vincere il proprio orgoglio e i propri risentimenti.
Altra virtù fondamentale è I che si può tradurre con “rettitudine” e che consiste nella disposizione morale a fare il bene.
Confucio diceva che l'uomo superiore agisce per la sua rettitudine, l'uomo inferiore per il profitto.
Jen, I, Hsiao e il rispetto dei riti (Li) sono gli attributi dell'uomo superiore, mentre l'uomo inferiore mira solo al proprio utile personale.
Coltivando se stesso l'uomo diventa un saggio che possiede naturalmente e senza sforzo la virtù.
Se si vuole l'ordine nella vita dello stato bisogna anzitutto migliorare se stessi, purificare il proprio cuore e mettere ordine nella vita familiare. Se la vita familiare è ordinata vi sarà ordine nella vita sociale e la pace regnerà nel mondo. Un altro concetto importante insegnato da Confucio è quello del “giusto mezzo” che significa agire senza esagerazioni.
 
Meng Tzu - Mencio
Filosofo vissuto tra il quinto e il quarto secolo a. C.

Confucio credeva nel “Fato” (Ming), nel volere del Cielo.
Per avere successo nelle nostre azioni dobbiamo fare del nostro meglio, ma è indispensabile anche l'aiuto del Cielo che è però al di fuori del nostro controllo. È quindi inutile che ci preoccupiamo del successo o dell'eventuale insuccesso; dobbiamo solo impegnarci a fondo in ciò che intraprendiamo.

Mencio e Hsün Tzu

Un famoso filosofo confuciano fu Mencio (Meng Tzu) che visse più di un secolo dopo Confucio. Egli sosteneva che l'uomo deve praticare le virtù predicate da Confucio per mantenere tale la sua natura che è originariamente buona.
Il filosofo Hsün Tzu, vissuto nel terzo secolo a. C., contrariamente a Mencio, affermava che la natura umana è originariamente cattiva, ma l'uomo diventa buono coltivando sé stesso e praticando le virtù confuciane.

Il Confucianesimo e le Arti Marziali

Per oltre duemila anni tutti gli aspetti della civiltà cinese sono stati influenzati e condizionati dal Confucianesimo.
Lo stesso Confucio, oltre allo studio degli antichi classici, consigliava ai giovani la pratica delle arti marziali e sembra addirittura che egli abbia insegnato il tiro con l'arco e l'equitazione (corsa con i carri da guerra). Egli era convinto della necessità di coltivare sia la mente che il corpo.
Il rituale che ancor oggi esiste nelle palestre in cui vengono insegnate le Arti Marziali Tradizionali è di stretta derivazione confuciana.
Fanno parte di questo rituale la cerimonia del saluto, le relazioni fra maestri e allievi, fra allievi anziani e nuovi allievi, il rispetto dei gradi, la cortesia, la venerazione per gli antichi capiscuola, il sentimento di riverenza per il maestro e così via.
Tutto questo non deve essere pura esteriorità, ma la manifestazione genuina di uno stato d'animo interiore: desiderio di apprendere da parte degli allievi che ammirano, rispettano ed amano il loro maestro che, come un padre, li guida lungo la via della tecnica e della saggezza.
Non per niente un (vero) maestro di arti marziali viene chiamato in cinese Shih Fu che significa maestro e padre.
Senza il loro millenario rituale le arti marziali perdono il loro spirito più autentico e inevitabilmente si trasformano in attività violente e poco educative o, nella migliore delle ipotesi, in semplici sport.